A Beautiful World di Mario Testino a Palazzo Bonaparte dal 25 maggio al 25 agosto.

di Patrizia Cantatore

Inaugurata nelle sale di Palazzo Bonaparte a Roma, l’esposizione di uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea, Mario Testino, in un progetto che lo ha portato per sette anni a visitare circa trenta paesi e realizzare oltre settanta fotografie di grande formato presentate in mostra tutte insieme per la prima volta.

Il fotografo si allontana dal genere che lo ha reso celebre, per narrare attraverso le immagini, la varietà di abiti e costumi tradizionali ma allo stesso tempo innovativi, indossati con orgoglio dalle genti che continuano a preservarne e tramandarne le origini.

La parabola del successo di Mario Testino, nato in Perù nel 1954 con origini irlandesi e italiane, inizia a Londra nel 1976 dove inizia a costruire la sua carriera nel mondo della moda e del ritratto, con piglio innovativo pubblicando sulle maggiori riviste di moda. Le sue immagini diventano in poco tempo, leggendarie, come le persone che fotografa, da Kate Moss a Madonna, da Naomi Campbell a Diana Princess of Wales.

Uno dei curatori della fotografia alla National Portrait Gallery di Londra, Terence Pepper, lo ha definito il “John Singer Sargent dei nostri tempi”, mentre il direttore della galleria, Charles Saumarez Smith, nella

retrospettiva da record “Mario Testino PORTRAITS” del 2002, ha sottolineato il rapporto tra  l’opera di Testino e la tradizione dei ritrattisti di corte, da Holbein a Reynolds, da Goya a Rubens.

Carico di successi, Testino negli ultimi sette anni ha ricercato nuovi soggetti oltre i confini del mondo della moda, trovando ispirazione nelle identità culturali e nel costume dei paesi in cui tipicamente ha ambientato i suoi servizi fotografici delle nuove collezioni già dal 2007 e dal 2017 è partito il progetto che lo ha portato in più di 30 paesi, alla ricerca di quell’unicità  culturale e tradizionale delle origini che la globalizzazione sta estinguendo, a vantaggio di una moda omologata e massificata.

 “Fin dall’inizio di questo progetto ho sentito di doverlo chiamare A Beautiful World perché stavo scoprendo nuovi tipi di bellezza in luoghi che non avevo mai cercato prima….” ci ha tenuto a sottolineare il fotografo.

Attraverso circa 70 opere giganti, Testino naviga in una atmosfera magica e sfumata, tra le complessità e i contrasti delle appartenenze dei popoli: definendo individualità e conformità, comunità ed esili, rituali, idee di sé, nozioni di altro, identità al di là dei canoni di genere, simboli della differenza culturale e icone di sistemi di credenze.

“Nei miei viaggi mi sono reso conto che quando un paese perde il legame tra la sua storia e il suo abito

tradizionale, qualcosa di veramente prezioso è andato perduto”

Come ha sottolineato l’autore, lo spirito con cui si è sempre mosso è stato quello dell’istinto, tentare di far apparire le sue immagini spontanee, intime e immediate.

“Gli occhi del mondo moderno, che sono diventati ossessionati dall’avvicinarsi il più possibile ai loro eroi, volevano sentire di essere letteralmente in grado di raggiungere e toccare l’attimo nelle immagini, quindi ho voluto trasferire l’emozione di un incontro ravvicinato e intimo con il soggetto nella fotografia che stavo scattando”.

Anche se meticolosamente pianificate ed eseguite, le sue fotografie hanno cambiato il mondo della moda, proprio per l’ingannevole nonchalance ed  eleganza, una freschezza che ha contraddistinto il suo lavoro per decenni nel mondo della moda.

Nel progetto iniziale, si era ispirato al fotografo peruviano Martin Chambi Jimenez e ai suoi ritratti dei primi anni del XX secolo di donne peruviane a Cusco che indossano abiti tradizionali che Testino ha rivisitato in modo personale, utilizzando il colore per documentare la continua ricchezza e l’evoluzione delle tradizioni del costume in Perù.

Aprendo la ricerca agli altri paesi del mondo, una carrellata di straordinaria ricchezza culturale del vestire in continua evoluzione è emersa, accanto all’incombente tendenza all’omologazione, che tenta di cancellare identità e comunità in ogni angolo del globo. Testino reagisce al conformismo cercando, ovunque vada, abiti e costumi originali e immutabili che descrivano approcci artistici unici legati al ruolo, all’identità e al potere di appartenenza, evidenziati da indizi visivi, che si tratti di una forma straordinaria di un cappello, o di un taglio specifico di un  costume o di un abito modellato, creato e associato a un rituale, una festa, un luogo o un’usanza. Rivelando la bellezza dei luoghi insoliti, il modo in cui i popoli appartengono al luogo di nascita e di vita, includendo l’ornamento del corpo stesso, fino alla pelle e ai capelli.

L’abito tradizionale diventa come un codice a barre per “identificare” un popolo e portarne alla luce le caratteristiche più intime. L’abito è il punto focale: decontestualizzato perché la concentrazione sia ancora di più una sorta di seconda pelle, colorato per esaltarne non solo l’aspetto esteriore e creativo di tradizioni diverse, ma anche come specchio della natura, del luogo di quei popoli, che condividono ciò che non muta nel tempo: i costumi della tradizione.

Il percorso tematico dell’esposizione è un viaggio che parte dal Perù per snodarsi attraverso Colombia, Messico, Giappone, Myanmar, Mongolia, Kenia e molti altri Paesi per svelare, attraverso la lettura e l’analisi dei costumi tradizionali, gli atteggiamenti dei vari popoli, rivelando a volte i loro tratti comuni ed altre i loro contrasti.

“Nei miei viaggi mi sono reso conto che quando un Paese perde il legame tra la sua storia e il suo abito

tradizionale – racconta Testino – si perde qualcosa di veramente prezioso.”

I protagonisti dei suoi scatti, che siano lottatori dell’Uzbekistan o donne Turkane dell’Africa, vestiti nell’abbigliamento tradizionale, vengono isolati e distaccati dal loro ambiente e collocati nel suo studio portatile,  rivelando proprio grazie al distacco, quell’attaccamento ai segni caratteristici delle origini, alla loro storia, mettendo in evidenza ciò che il mondo occidentale ha dimenticato da tempo: ciò che eravamo.

Una sfida per un fotografo famoso che, offre la sua arte e la sua sensibilità con l’intento di svelare la natura intima di popoli diversi, scoprendone le tradizioni, le attitudini riservate; la fotografia come strumento di comprensione, uno studio etnografico ed estetico-antropologico che, attraverso il costume mostra la Bellezza della diversità, un Messaggio rivoluzionario per un mondo tendente all’unicità e al narcisismo, come quello della Moda.

Curata dall’artista, scrittore e designer multidisciplinare Patrick Kinmonth e patrocinata del Comune di Roma, prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con Domus Artium Reserve, con il supporto dell’Uzbekistan Art and Culture Development Foundation, e vede come sponsor Art Partner e  Generali Valore Cultura, media partner Urban Vision e la Repubblica e mobility partner, Frecciarossa Treno Ufficiale e Atac.

Il progetto A Beautiful World supporta la missione di The Great Balance nella promozione del patrimonio culturale (www.thegreatbalance.org).