I miti egizi sono parte integrante della ricca tradizione culturale dell’Antico Egitto e svolgevano un ruolo fondamentale nella vita quotidiana, nella religione e nella società. Essi riflettevano le credenze, i valori e la comprensione del mondo da parte degli antichi egizi. Ecco alcune caratteristiche principali dei miti egizi:

  1. Politeismo: Gli egizi erano politeisti, il che significa che credevano in molteplici dei e dee. Ogni città o regione poteva avere divinità specifiche e molti dei avevano caratteristiche antropomorfe, cioè attributi umani.
  2. Antropomorfismo: Le divinità egizie erano spesso rappresentate con forme umane o con caratteristiche antropomorfe. Questo facilitava l’identificazione e la connessione emotiva tra gli dei e gli esseri umani.
  3. Ciclo della vita: I miti egizi spesso raccontavano storie legate al ciclo della vita, morte e rinascita. Ad esempio, il mito di Osiride, Iside e Seth è un racconto chiave che parla della morte e resurrezione.
  4. Dualità e equilibrio: Gli antichi egizi credevano nell’importanza dell’equilibrio e della dualità. Le forze opposte, come il giorno e la notte, la vita e la morte, erano spesso rappresentate da divinità complementari.
  5. Funzione mitologica nella società: I miti avevano una funzione pratica nella società egizia. Ad esempio, il mito della creazione forniva un fondamento per la struttura sociale e giuridica, indicando la legittimità del faraone come governante divinamente ordinato.
  6. Rappresentazione del cosmo: Molti miti egizi riflettevano la concezione del cosmo come un sistema ordinato e gerarchico. Gli dei avevano compiti specifici per mantenere l’ordine cosmico e il bene della società.
  7. Culto degli antenati: Gli antichi egizi avevano una forte connessione tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti ancestrali. I miti spesso includevano riti e pratiche legate al culto degli antenati.

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I miti egizi hanno cercato di spiegare l’origine del mondo, della vita e dei fenomeni naturali, oltre a fornire un quadro morale e sociale per la società. Essi hanno anche svolto un ruolo importante nel consolidare l’autorità del faraone e nell’organizzare la vita quotidiana attraverso rituali religiosi e pratiche culturali.

. Miti egizi

Ptah e la creazione 1

Vi era solo un mare infinito, senza vita e in silenzio assoluto. Allora giunse Ptah con le forme degli abissi e delle distanze, delle solitudini e delle forze. Attraverso tutto ciò Ptah vedeva e ascoltava, odorava e percepiva nel proprio cuore l’esistenza. Ma ciò che percepiva lo aveva ideato prima dentro di sé. Quindi assunse la forma di Atum e divorando il proprio seme partorì il vento e l’umidità, che espulse dalla bocca creando Nut, il cielo, e Geb, la terra. Atum, il non-esistente, era una manifestazione di Ptah. Quindi, inesistenti furono prima di Ptah le nove forme fondamentali e l’universo con tutti gli esseri che Ptah concepì dentro di sé e che con la sua sola parola pose nell’esistenza. Dopo aver tutto creato dalla propria bocca, riposò. Perciò, fino alla fine dei tempi sarai invocato: Immenso, immenso Ptah, spirito fecondatore del mondo! 2

Le forme degli dèi sono forme di Ptah, e solo perché agli uomini così più conviene, Ptah viene adorato con molti nomi e i suoi nomi mutano e sono dimenticati; nuovi dèi vengono dopo quelli vecchi ma Ptah resta estraneo a tutto ciò. Egli ha creato il cielo come guida e la terra ha circondato di mare; ha anche creato il Tartaro affinché si acquietassero i morti. Stabilì il percorso a Ra da orizzonte a orizzonte nei cieli, e fece in modo che l’uomo avesse il suo tempo e il suo dominio; così fece anche con il faraone e con ogni regno.

Ra, nel suo cammino per i cieli, riformò quello che era stato stabilito e acquietò gli dèi che erano insoddisfatti. Amava il creato e diede amore agli animali perché fossero felici, lottando contro il caos che metteva in pericolo la loro vita. Diede limiti alla notte e al giorno e stabilì le stagioni. Impose un ritmo al Nilo perché sommergesse il territorio e poi si ritirasse in modo che tutti potessero vivere del frutto delle sue acque. Sottomise le forze dell’oscurità. Poiché fu colui che portò la luce fu chiamato Amon Ra da quelli che credevano che Amon fosse nato da un uovo che rompendosi in un fulgore avesse dato origine alle stelle e alle altre luci.

Ma la genealogia degli dei comincia con Atum che è il padre-madre degli dèi. Egli generò Shu (il vento) e Tefnut (l’umidità) e da essi nacquero Nut (il cielo) e Geb (la terra). Questi fratelli si unirono e procrearono Osiride, Seth, Neftis e Iside. Questa è l’Enneade divina da cui tutto deriva.

Morte e resurrezione di Osiride

I genitori di Osiride videro che egli era forte e buono; per questo gli affidarono il governo dei territori fertili e la cura della vita delle piante, degli animali e degli esseri umani. A suo fratello Seth diedero i vasti territori desertici e stranieri. Tutto quello che era selvatico e forte, le greggi e le fiere affidarono alla sua cura. Osiride e Iside formavano la splendente coppia dell’amore. Ma la nebbia dell’invidia turbò Seth, che cominciò a cospirare e con l’aiuto di settantadue membri del suo seguito organizzò una festa per annientare il fratello. A sera giunsero i congiurati e Osiride. Seth mostrò ai presenti un magnifico sarcofago, promettendo di farne dono a chi entrandovi avrebbe mostrato che meglio gli si attagliava. Così tutti vi entravano e ne uscivano, finché toccò a Osiride compiere la prova. In fretta, abbassarono il coperchio e lo inchiodarono. Osiride, imprigionato, fu così portato fino al Nilo e gettato nelle sue acque, affinché affondasse nelle profondità. Tuttavia, il sarcofago galleggiò e giunto al mare si allontanò dall’Egitto. Trascorse molto tempo, sinché un giorno la cassa giunse in Fenicia3 e le onde la depositarono ai piedi di un albero. Questo crebbe fino a un’altezza gigantesca, avvolgendo con il tronco il sarcofago. Ammirato per l’eccezionalità di quell’esemplare, il re del luogo lo fece abbattere e portò il grande tronco a palazzo per utilizzarlo come colonna centrale. Intanto, Iside aveva avuto la rivelazione di ciò che era accaduto; quindi, si recò in Fenicia e, entrata al servizio della regina, poté stare vicina al corpo del marito. Ma la regina, avendo compreso che la sua servitrice era Iside, le diede il tronco perché ne facesse ciò che desiderava. Iside, aperto l’involucro di legno, estrasse la bara e tornò in Egitto con il suo carico. Ma Seth già conosceva questi eventi, e temendo che Iside ridesse vita al marito trafugò il corpo. In fretta si occupò di farlo in quattordici pezzi che poi disperse in tutte le terre. Così cominciò la peregrinazione di Iside per raccogliere i pezzi del cadavere.

Da parecchio tempo regnava l’oscurità a causa della morte di Osiride. Nessuno si prendeva cura degli animali, né delle colture, né degli uomini. La disputa e la morte presero per sempre il posto della concordia.

Dopo che Iside fu riuscita a recuperare le diverse parti del corpo, le riunì, tenendole fortemente insieme con le bende, e fece le sue devozioni.4 Poi costruì un enorme forno, una piramide sacra,5 e nelle sue profondità depose la mummia. Stretta a essa, le infuse il proprio alito. Fece entrare l’aria come fa il vasaio per aumentare il calore del fuoco della vita…

Egli si ridestò, conobbe il sonno mortale, volle conservare il proprio verde volto vegetale.6 Volle conservare la corona bianca e le sue piume per ricordare chiaramente quali fossero le sue terre del Nilo.7 Raccolse anche il flagello e il bastone per dividere e riconciliare, come fanno i pastori con il loro bastone ricurvo.8 Ma quando si  pose eretto Osiride vide attorno a sé la morte, e lasciò il suo doppio, il suo Ka,9 con l’incarico di custodire il suo corpo affinché nessuno lo profanasse di nuovo. Prese la croce della vita, l’ankh10 della resurrezione, e con essa sul suo Ba11 andò a salvare e a proteggere tutti quelli che soli e atterriti entrano nell’Amenti.12 Per loro andò a vivere a ovest aspettando quelli che, abbandonati, sono esiliati dal regno della vita. Grazie al suo sacrificio, la natura risorge sempre e gli esseri umani creati dal vasaio divino13 sono qualcosa di più di fango animato. Da allora si invoca il dio in molte maniere e da allora l’esalazione dell’ultimo respiro è un canto di speranza.

“Buon Osiride! Manda Thot14 perché ci guidi fino al sicomoro15 sacro, fino all’albero della vita, fino alla porta della Dama d’Occidente;16 perché ci faccia evitare le quattordici dimore circondate di stupore e di angoscia in cui i malvagi soffrono terribile condanna. Manda Thot, l’ibis saggio, lo scriba infallibile dei fatti umani incisi sul papiro della memoria incancellabile. Buon Osiride! In te attende la resurrezione il vittorioso, dopo il giudizio in cui vengono soppesate le sue azioni da Anubi, lo sciacallo giusto.17 Buon Osiride! Fa che il nostro Ba possa abbordare la barca celeste, e separato dal Ka lo lasci a custode degli amuleti18 nella nostra tomba. Così, navigheremo verso le regioni in cui risplende il nuovo giorno”.

Horo, la vendetta divina 19

Dopo aver collaborato alla resurrezione di Osiride, Iside diede alla luce il loro figlio. Prese il neonato e lo nascose tra i canneti del Nilo per proteggerlo dalla furia di Seth, di Min20 e dei rapaci del deserto. Fu egli il bambino che apparve raggiante sul fiore di loto e che riverito come falco mise i suoi occhi in tutti gli angoli del mondo. Egli fu, come Horo Haredontes, vendicatore del padre quando fu giunto il tempo. Il dio Horo, dio di tutte le terre, figlio dell’amore e della resurrezione.

Il bambino cresceva e la madre lo preparò a reclamare i domini di cui s’era impadronito Seth, perché questi, a cui spettavano per diritto solo i deserti e i paesi stranieri, si avventurava per il Nilo. Osiride nel suo viaggio a occidente, nelle terre di Amenti che adesso dominava, lasciò a Iside l’incarico di recuperare tutto il Nilo per il loro figlio. Perciò i contendenti comparvero di fronte all’assemblea dell’Enneade. Horo disse: “Un indegno fratricida usurpa i diritti che mio padre ha lasciato, sostenuto da una forza cieca che gli dèi non hanno consacrato…”. Ma il suo discorso fu interrotto da Seth, che con un grido irato respinse la richiesta proveniente da un bambino incapace di sostenere simili istanze. Allora, scagliandosi sulle armi, in singolar tenzone si attaccarono l’uno con l’altro e nella loro lotta rotolarono per i monti e le acque spaventate uscirono dai loro corsi. Ottanta lunghi anni durò quella disputa finché Seth strappò gli occhi a Horo e questi ridusse in polvere le parti vitali del suo contendente. Tanta furia giunse alla fine quando in deliquio entrambi caddero a terra. Allora, Thot curò le loro ferite e ristabilì fragilmente la pace che il mondo, ignorato, continuava a richiedere.

Si chiese il giudizio degli dèi. Ra (sempre aiutato da Seth nella sua lotta contro il mortale Apopi21) faceva pendere la bilancia contro Horo, mentre Iside con foga difendeva il proprio figlio. Gli dèi, alla fine, restituirono al bambino i suoi diritti, ma Ra, protestando irato si allontanò dall’assemblea. Quindi, gli dèi e i loro poteri si divisero senza che quella discussione avesse fine. Iside, allora, astutamente, fece in modo che Seth pronunciasse un discorso in cui la ragione andasse a chi avrebbe impedito allo straniero di occupare i troni, e a causa di quell’errore lo stesso Seth rimase lontano dalle terre che richiedeva. Allora Ra pretese una nuova prova affinché con essa ogni cosa venisse decisa.

Trasformati in forti ippopotami ripresero la lotta, ma Iside dalla riva delle acque lanciò un arpione che per sbaglio andò a colpire Horo. Questi, urlando, si scagliò contro la madre e le staccò la testa.22 Gli dèi diedero in cambio una testa di vacca a Iside ed ella, entrata di nuovo nella battaglia con il suo arpione, colpì finalmente Seth, che ruggendo uscì dalle acque. Così fu che venne richiesta una nuova prova, lasciando gli altri dèi al di fuori del conflitto. Dovevano entrambi navigare su barche di pietra. Seth da una roccia scavò la sua e affondò, ma Horo mostrò solo l’apparenza della sua barca, rispettando tuttavia quanto tutti avevano concordato, perché l’opera che presentò era di legno ricoperto di stucco. Navigava Horo esigendo la vittoria, ma Seth di nuovo nelle vesti di ippopotamo lo fece naufragare e così, solo sulla spiaggia, la meritata rivincita si prese Horo calando la propria mazza su Seth e incatenandone le membra. Così lo trascinò al tribunale dove gli dèi attendevano. E solo di fronte alla minaccia della morte di Seth davanti a tutta l’assemblea, Ra preferì dare ragione a Horo, e gli dèi rallegrati incoronarono signore supremo il bambino-falco, mentre questi metteva il piede sulla cervice del vinto, che promettendo solenne obbedienza diede come conclusa la disputa, allontanandosi per sempre nei suoi domini nei deserti e tra gli stranieri. Thot, saggiamente, ridistribuì le funzioni, così Horo venuto in aiuto di Ra, distrusse il perfido serpente Apopi che fino a quel momento aveva minacciato la radiosa barca del dio.

Con il sangue dell’antico animale si tingono, a volte, i cieli di rosso, e Ra navigando nella sua barca celeste rischiara le onde che vanno verso occidente.

L’antimito di Amenofi IV 23

Vi fu un faraone buono e saggio che comprese l’origine di Ptah e i mutamenti dei suoi nomi. Riportò l’ordine quando vide che gli uomini opprimevano gli uomini facendo credere d’essere la voce degli dèi. Una mattina vide che un suddito veniva giudicato nel tempio per non aver pagato il tributo ai sacerdoti, per non aver pagato per gli dèi. Allora uscì da Tebe alla volta di On24 e lì domandò ai teologi più saggi quale fosse la vera giustizia. Questa fu la risposta: “Amenofi, buono è il tuo fegato e le intenzioni che ne partono e la verità più mite porterà male per te e per il nostro popolo. Come uomo sarai il più giusto. Come re sarai la perdizione… ma il tuo esempio non sarà dimenticato e molti secoli dopo di te si riconoscerà ciò che qui, ben presto, sarà visto come pazzia”. Tornato a Tebe guardò la moglie come chi scruta l’alba, ne vide la leggiadria e per lei e per il suo popolo cantò un bell’inno. Nefertiti pianse della pietà del poeta e seppe della sua gloria e del suo tragico futuro. Con voce spezzata lo acclamò come vero figlio del Sole. “Ekhnaton!”, disse, e poi tacque. In quel momento giocarono il loro destino accettando ciò che era giusto e impossibile. Così si ebbe la ribellione di Ekhnaton e il breve respiro dei figli del Nilo, quando un mondo che aveva su di sé il peso di millenni traballò per un momento. Così fu scalzato il potere di coloro che facevano dire agli dèi cose che invece corrispondevano ai loro propri desideri.

Amenofi scatenò la lotta contro i funzionari e i sacerdoti che dominavano l’impero. I signori dell’Alto Nilo si allearono con i settori perseguitati. Il popolo cominciò a occupare posizioni prima vietate e a riprendere per sé il potere sottrattogli. Furono aperti i granai e furono distribuiti i beni. Ma i nemici del nuovo mondo presero le armi e fecero sì che il fantasma della fame mostrasse il suo volto. Morto Ekhnaton, tutte le sue opere furono rimosse e se ne volle cancellare la memoria per sempre. Tuttavia, Aton conservò la sua parola.

Questo fu il poema che diede avvio all’incendio…25

La terra intiera si mette al lavoro… perché ogni sentiero si apre quando tu sorgi. Tu che procuri che il germe sia fecondo nelle donne, tu che fai la semenza negli uomini, tu che fai vivere il figlio nel grembo della madre, che lo calmi perché non pianga, tu nutrice di chi è ancora nel grembo, che dai l’aria per far vivere tutto ciò che crei. Quando cala dal grembo in terra il giorno della nascita, tu gli apri la bocca per parlare, e provvedi ai suoi bisogni. Quando il pulcino è nell’uovo, tu lì dentro gli dai l’aria perché viva. Tu lo completi perché rompa l’uovo, e ne esca e pigoli e cammini sulle proprie zampe appena nato. Come numerose sono le tue opere! Il tuo volto è sconosciuto, oh dio unico!, al di fuori del quale nessuno esiste. Tu hai creato la terra a tuo desiderio, quando tu eri solo; con gli uomini, le bestie e ogni animale selvaggio, e tutto ciò che sta sulla terra e cammina sui propri piedi, e tutto ciò che sta in cielo e vola con le proprie ali. E i paesi stranieri, la Siria, la Nubia e la terra d’Egitto; tu hai collocato ogni uomo al suo posto, hai provveduto ai suoi bisogni; ognuno con il suo pane, ed è contata la sua durata in vita. Le lingue loro sono diverse in parole, e anche i loro caratteri e le loro pelli; hai differenziato i popoli stranieri. E hai fatto un Nilo nel Duat e lo porti dove vuoi per dare vita alle genti così come tu te le sei create. Tu, signore di tutte loro, che ti affatichi per loro, oh Aton del giorno! Grande di dignità! E tutti i paesi stranieri e lontani, tu fai che vivano anch’essi; hai posto un Nilo nel cielo, che scende per loro, e che fa onde sui monti come un mare e bagna i loro campi e le loro contrade. Come son perfetti i tuoi consigli! Oh signore dell’eternità! Il Nilo del cielo è tuo dono per gli stranieri e per tutti gli animali del deserto che camminano sui piedi. Ma il Nilo viene dal Duat per l’Egitto. E i tuoi raggi fanno da nutrice a tutte le piante; quando tu splendi esse vivono e prosperano per te. Tu fai le stagioni per far sì che si sviluppi tutto quel che crei; l’inverno per rinfrescarlo, l’estate perché ti piace. Tu hai fatto il cielo lontano per splendere in lui e per vedere tutto, tu, unico, che splendi nella tua forma di Aton vivo, sorto e luminoso, lontano e vicino. Tu fai milioni di forme da te, tu unico: città, villaggi, campi, vie, fiumi, ogni occhio vede te davanti a sé e tu sei l’Aton del giorno. Quando tu sei andato via e ogni occhio da te creato fa dormire il proprio sguardo per non vederti solo, e non si vede più quel che tu hai creato, tu sei ancora nel mio cuore… La terra è nella tua mano come tu l’hai creata. Se tu splendi essa vive, se ti nascondi muore. Tu sei la durata stessa della vita, e si vive di te!

III. Miti egizi

1  Il taglio che abbiamo dato al mito della creazione corrisponde a quello della mitologia menfita e concorda con l’iscrizione che il faraone Sabako fece incidere su basalto verso il 700 a.C. Questa, a sua volta, è la trascrizione di un papiro notevolmente anteriore. Nel Regno Antico, Atum era il dio principale che a volte era posto in relazione con Ra, il disco solare; ma nel Nuovo Regno Ra occupa la posizione centrale a detrimento di Atum e di altri dei. La fonte di cui qui ci occupiamo mostra Ptah come creatore di tutto ciò che esiste. Nella mitologia egizia vi sono sempre difficoltà nel seguire il processo di trasformazione di una divinità. Molto spesso un dio del tutto sconosciuto in una data epoca, in epoche successive inizia a  sorgere timidamente sullo scenario storico. Poi, la sua figura prende corpo e a volte minaccia di assorbire tutta la vita religiosa o mitica di un lungo periodo. Riguardo a  questo aspetto il caso dell’Egitto risulta esemplare data l’estensione temporale della sua cultura. Secondo l’Aigyptiaka (citata da Flavio Giuseppe), la prima dinastia inizia verso il 3000 a.C. (epoca tinita). L’Egitto rimane attivo, e pertanto in continua trasformazione, fino alle dominazioni persiana, greca e romana. In effetti, perfino al tempo dei Tolomei, la mitologia continua a svilupparsi in nuove forme che in quell’epoca influenzano il mondo ellenistico come in precedenza avevano influenzato  le prime espressioni della cultura greca. Stiamo quindi parlando di 3000 anni di sviluppo continuo per cui è chiaro che in un periodo tanto lungo l’apparire e il trasformarsi di miti provoca sconcerto per eccesso. Così, una divinità può assumere caratteristiche diverse (e a volte opposte) rispetto a quelle iniziali dopo che è trascorso un millennio o più.

2  Il testo in corsivo, in questo caso, è dall’Atto Primo, Scena Seconda dell’Aida, secondo il libretto di Antonio Ghislanzoni. La frase del sommo sacerdote è la seguente: “Immenso Fthà, del mondo spirto animator, noi t’invochiamo! Immenso Fthà, del mondo spirto fecondator, noi t’invochiamo!”.

3  Una leggenda cita specificatamente Biblo. La Fenicia era una regione dell’Asia Anteriore sulla costa della Siria, che lungo il Mediterraneo, dal Libano  arrivava fino al Monte Carmelo a sud. Le sue città principali erano Biblo, Berito, Sidone, Tiro e Acco. Durante la dominazione romana vi si aggiunse il territorio della Celesiria o Fenicia del Libano, mentre  con il nome di Fenicia Marittima si indicava la nazione antica. Abbiamo usato “Fenicia” nel racconto, per porre in evidenza la stessa radice di “Fenice”, uccello fantastico che moriva su un rogo e rinasceva dalle proprie ceneri. Comunque, non ignoriamo che “Fenicia” deriva dal greco “Phoenikia”, cioè “paese delle palme” e che gli abitanti di quel luogo chiamavano se stessi “cananei” e non “fenici”.

4  Riferimento alla preparazione della mummia, secondo quanto riferito da Erodoto (Storie, II, LXXXVI e segg.).

5  Si è voluto far derivare la parola “piramide” da un termine greco che significa “dolce di grano”, perché egizi e greci davano questa forma a taluni dolci (derivati, forse, da altri utilizzati in pratiche cerimoniali teofagiche). Alcuni ritengono che si trattasse semplicemente di alimenti adornati in modo grazioso. Piramide, dal greco “pyramis”, ha la stessa radice di pira, “pyra”, e di fuoco, “pyr”. “Pira” è stato usato con il significato di “rogo”, e su di essa si bruciavano i corpi dei morti, o i corpi del sacrificio rituale. Non si è conservato nell’antica lingua egizia il vocabolo che si riferisce esattamente alla piramide in senso geometrico. Comunque, il nome greco di quel solido e i primi studi matematici su di esso possono derivare dall’insegnamento egizio, secondo quanto riportato nel Timeo di Platone, dove l’autore, riferendosi alle prime conoscenze scientifiche del proprio popolo, le considera di origine egizia. Queste considerazioni ci hanno consentito di fare un gioco di parole: la piramide in questione finisce per essere identificata con il forno del vasaio. Lo stesso Erodoto (ivi, II, C e CI) narra una storia sul perché venissero  costruite le piramidi, storia che si ricollega al tema osirideo. Ricordando, inoltre, l’antichità del mito proprio della cultura ceramica primitiva (in cui la nascita dell’uomo si deve al dio-vasaio), si è potuto mettere assieme in maniera accettabile il brano in questione, sia pure con le licenze del caso. Anche le piramidi mesopotamiche (zigurat), d’altra parte, ci avvicinano ad una concezione secondo cui tali costruzioni non erano solo templi e luoghi di osservazione astronomica ma “montagne sacre” in cui Marduk era sepolto e poi riportato alla vita. Quanto alle piramidi a gradini, coperte o semirivestite del Messico e dell’America centrale (Xochicalco, Chichén Itzà, Cholula, Teotihuacan per esempio), non disponiamo di elementi che ci permettano di affermare che, oltre a essere costruzioni dedicate al culto e all’osservazione astronomica, avessero anche funzione sepolcrale. E per quanto riguarda il loro sviluppo storico, le piramidi d’Egitto derivano dalle mastaba che già al tempo della  III dinastia erano collegate al culto del Sole in  Eliopoli.

6  Secondo quanto può essere osservato, per esempio, nel Papiro di Ani (British Museum, N. 10.470, fogli 3 e 4).

7  La corona bianca e alta dell’alto Nilo e quella rossa e schiacciata del basso Nilo indicavano la provenienza del faraone e il suo potere su quelle regioni. Entrambe le corone si combinavano, a volte, per formare la corona doppia. Ai tempi del Nuovo Regno cominciò a essere usata la corona azzurra da guerra. Spesso vi si collocava attorno l’ureus, o cobra sacro, che rappresentava il potere sulle due terre; oppure, le piume di struzzo che si combinavano con la corona alta. Nel caso di Osiride, la corona assume carattere sacerdotale come avviene con il copricapo papale (ma nel quale si osserva la corona a tre piani).

8  Il flagello e il bastone ricurvo spesso appaiono incrociati sul petto dei faraoni. Nelle rappresentazioni di Osiride svolgono funzione sacerdotale, come il pastorale dei vescovi cristiani.

9  Il Ka non era lo spirito ma il veicolo che visitava il corpo mummificato. Aveva alcune proprietà fisiche e veniva rappresentato come “doppio”. Così appare nei Libri dei Morti appartenenti a diverse epoche. Quando si rappresentava il Ka del faraone venivano di solito dipinte o scolpite due figure uguali che si tenevano per mano.

10  La croce a bracci uguali era il simbolo di Anu  per i caldei-babilonesi. La croce ankh o ansata era una tau con un cerchio e ansa, simbolo della vittoria sulla morte, attributo tipico di Skhet. Questa croce fu poi adottata dai cristiani copti.

11  Il Ba era lo spirito non sottomesso alle vicende materiali. Era solitamente rappresentato con un uccello dal volto umano.

12  Amenti era l’inferno, il regno dei morti.

13  Khnum, rappresentato spesso con corpo umano e testa di montone, era la divinità principale della triade di Elefantina dell’alto Egitto. Tale divinità creò il corpo degli umani con fango e diede loro forma sulla sua ruota da vasaio. Questa, girando, assumeva il carattere  di ruota della fortuna che stabiliva il destino delle persone a partire dal momento della loro nascita. Beltz, citando E. Naville, The Temple of Deir el Bahri, II, tavole 47-52, attribuisce a Khnum queste parole allorché crea una regina importante: “Voglio renderti omaggio con il corpo di una dea. Sarai perfetta come tutti gli dèi e riceverai da me felicità e salute e le corone di entrambi i paesi e sarai al di sopra di tutti gli esseri viventi mentre sarai regina dell’alto e del basso Egitto”, W. Beltz, I miti egizi, Losada, Buenos Aires 1986, pagg. 97-98.

14  Thot, dio di Ermopoli. Veniva rappresentato con corpo umano e testa di ibis. Fu il creatore della cultura. Aveva anche il ruolo di guidare le anime verso l’Amenti. L’equivalenza con l’Hermes greco ha dato origine alla figura di Hermes-Thot. Successivamente, verso il III secolo d.C., i neoplatonici e varie sette gnostiche scrissero il Corpus Hermeticum (Pimander, La chiave, Asclepius, La tavola di smeraldo ecc.), che attribuirono a un leggendario Ermete Trismegisto (“tre volte grandissimo”) creatore della scienza, delle arti e delle leggi.

15  Il sicomoro è una specie di albero di fico dal legno molto resistente che veniva utilizzato per confezionare i sarcofagi. Qui si fa anche riferimento all’albero Djed, un tronco morto da cui uscivano germogli e che rappresentava la resurrezione di Osiride.

16  “Dama d’Occidente”, nome che nelle invocazioni mortuarie assumeva la dea madre Hathor, posta nella regione occidentale della Libia in cui  era situato il regno dei morti.

17  Anubi, con corpo d’uomo e testa di sciacallo, era l’accusatore nel giudizio dei morti. A volte era conosciuto come l’“Imbalsamatore” o il “Guardiano delle tombe”. Si credeva che Anubi avesse partecipato all’imbalsamazione di Osiride. Appariva anche come “colui che sta sulla sua montagna”, cioè a guardia della piramide funeraria.

18  Gli amuleti (ushabti o “quelli che rispondono”) erano figurine di argilla che si ponevano nelle tombe affinché accompagnassero il morto nel paese di Amenti, dove acquistavano dimensioni e caratteristiche umane, sostituendo il defunto nei lavori più pesanti.

19  Horo con i genitori Osiride e Iside faceva parte della trinità di Abido. Lo si rappresentava con testa di falco e con un disco solare sulla fronte. Lo si identificava con il sole nascente.

20  Era un dio locale di Coptos, Panopolis e di alcune regioni desertiche. Veniva raffigurato come Priapo con il fallo eretto. Era una divinità rigeneratrice della corte di Seth. Fu chiamato “Toro di sua madre”, figlio e sposo di una divinità che presiedeva all’Oriente. Può essersi verificato qualche scambio con Seth, poiché alcune leggende lo presentano come un toro che uccide Osiride. D’altra parte, può esistere uno stretto collegamento tra questo antichissimo Min e il leggendario Minosse di Creta, anch’egli raffigurato come toro.

21  Apopi era un serpente mostruoso che spiava la barca del Sole. Con il tempo ha finito per essere identificato con Seth nel suo aspetto demoniaco. In qualcuno dei Libri dei Morti si fanno invocazioni perché la barca su cui va il defunto non sia catturata da questo serpente.

22  La perdita della testa per gli dèi non significa la morte ma piuttosto una sostituzione di attributi. Molte divinità, d’altra parte, possono essere identificate facilmente grazie al fatto che hanno come testa il totem del paese o del luogo da cui sono partiti.

23  Ci è parso importante riportare la storia di Ekhnaton con un sottotitolo che fa riferimento all’“antimito”. In verità si tratta di un altro mito-radice: quello del dio unico che, come sistema di pensiero, entra in aperto contrasto con un pantheon sovrappopolato. Sebbene già in Mesopotamia fossero apparse alcune proposizioni monoteiste, è in Egitto e con Ekhnaton (dal 1364 al 1347 a.C.) che questa forma religiosa prende forza. La riforma di Ekhnaton dura quanto il suo regno. Secondo Beltz, le caste sacerdotali che concessero al clero di Ammone di Tebe una primazia onorifica tendevano a considerarsi come i difensori del tesoro delle tradizioni nazionali. La loro fortunata resistenza alle riforme di Ekhnaton ebbe non solo un carattere religioso ma anche nazionale. Dopo che ebbero fatto annullare le riforme di questo sovrano eretico, la loro influenza e la loro forza divennero più grandi che mai. “I templi si trasformarono nella maggiore potenza economica del paese. I re della ventesima dinastia erano marionette nelle mani dei sommi sacerdoti tebani la cui funzione era, da sempre, ereditaria” (Tokarev). Contrariamente al cristianesimo e all’islam, che si espansero grazie all’alleanza con le nuove forze politiche, la religione egizia si volse verso forme autoctone. Se la riforma politica e religiosa di Ekhnaton fosse proseguita, probabilmente sarebbe sorta una religione universale ben prima di quelle che oggi conosciamo. Comunque, seppure le sue tracce  siano state ufficialmente cancellate, l’influenza dell’eresia superò i confini dell’Egitto.

24  Eliopoli.

25  Le traduzioni dell’Inno ad Aton sono numerose. Per quanto ci riguarda, abbiamo riportato brani della versione di Estela Dos Santos, basata a sua volta su La letteratura egizia di S. Donadoni (Sansoni, Firenze 1967).