FINO AL 6 DICEMBRE CARLO CINQUE GALLERY

Comunicato stampa

CARLOCINQUE GALLERY è lieta di presentare “myoptiks” di Peter Campus, in mostra dal 3 ottobre al 6 dicembre 2023.
Nel corso degli ultimi due decenni, peter campus, pioniere della video arte americana, ha dedicato il suo lavoro a catturare la straordinaria bellezza naturale della costa meridionale di Long Island.
Tutte le opere presenti nella mostra “myoptics” sono state realizzate nei dintorni di Bellport, dove l’artista posizionando la sua fotocamera in luoghi attentamente selezionati lungo la costa, ha registrato centinaia di ore. Nelle sue opere video il tempo scorre, la luce si trasforma e l’aria si muove, catturando gradualmente i piccoli cambiamenti del paesaggio. Non c’è un momento di rivelazione improvvisa, piuttosto, piccoli cambiamenti nel tempo si accumulano, creando un’esperienza visiva unica.

Biografia Peter Campus
Nato a New York il 19 maggio 1937, l’artista contemporaneo noto
per la sua prolifica carriera nell’arte visiva, con una particolare enfasi sulla video arte e la fotografia.
Campus studia presso la Ohio State University dove consegue il suo Bachelor of Science in Experimental Psychology e in seguito al The City College Film Institute di New York.
Negli anni ‘70, inizia a sperimentare con la tecnologia video, diventando uno dei pionieri della video arte. le sue opere spesso coinvolgono l’interazione tra osservatore e opera, sfidando le convenzioni artistiche tradizionali dell’epoca e esplorando i confini della percezione visiva.
Uno dei suoi lavori più celebri è “three transitions” (1973), in cui campus utilizza effetti speciali e manipolazioni video per esplorare la percezione del tempo e dello spazio temi che rimarranno costanti nel suo corpo d’opera.
Le sue installazioni video sono state esposte in tutto il mondo, ricevendo riconoscimenti e premi per la loro innovazione e visione artistica.
Il suo lavoro attraversa diverse fasi creative e cambiamenti tecnologici, ma negli ultimi due decenni, campus si dedica intensamente a catturare la bellezza naturale della costa meridionale di long island.
Peter Campus è presente nelle collezioni permanenti del museum of modern art (ny), del whitney museum of american art (ny), dell’albright-knox art gallery (ny), del parrish art museum (ny), del philadelphia museum of art (pa), del cen- tre georges pompidou (parigi), dell’hamburger bahnhof – museum für gegenwart (berlino), del museo nacional de arte reina sofia (madrid), del walker art center (mn), del weatherspoon art museum (nc) e della tate modern (londra).
Il suo atelier ha sede a Long Island, NY, dove continua a esplorare nuovi orizzonti

Dice del suo lavoro: «La mia macchina fotografica e il suo campo visivo sono lo strumento del mio lavoro.
La porto con me in un luogo, che sia in armonia con le finalità della mia arte. Sono là alla ricerca di un’immagine che riverberi dentro e fuori. Cerco un pezzettino di paesaggio che possa trasmettere i miei pensieri e le mie più ampie aspirazioni racchiudendole in un piccolo istante. Cerco di produrre un lavoro che sia in equilibrio. La fotocamera cattura un frammento del paesaggio, ma ha un campo visivo limitato. Le immagini implicano ciò che è al di fuori, ma devono esprimere ciò che è dentro i loro confini. La fotocamera è inserita nel campo visivo più ampio. È selettiva e semplificata. È limitata, e solo le mie intenzioni ne espandono la vista. Ci sono arrivato in macchina, non ho camminato, non ci ho campeggiato ne passato la notte. Ci sono andato spesso, probabilmente per due decenni.
Sulla punta est di Long Island, dalla fine dei miei Trent’anni. Conosco la terra e la luce. Ho nuotato nell’oceano e nella baia. Ho camminato sulle dune e lungo la spiaggia. Ci ho visto un’eclissi solare. Cercare di capire l’infinito fa parte della mia vita. L’esperienza della fotocamera è diversa dalla mia, rigida, rispetto al costante movimento dell’occhio. È passiva e registra semplicemente ciò che ha davanti, attraverso il suo obiettivo e sul suo chip CMOS. Ho impostato la velocità dell’otturatore a 1/120 persecondo. Se vedessi un uccello volare dolcemente nel cielo la mia macchina vedrebbe sobrie immagini statiche, trenta al secondo: l’uccello sobbalza da un fo togramma all’altro, congelato nel tempo per trenta volte al secondo.
La fotocamera è separata da me, diversa, uno strumento. Le sue immagini sono diverse dalla mia esperienza, si devono aggiungere ad essa, mostrando qualcosa che non avrei potuto vedere o conoscere altrimenti. Aumenta la mia sensibilità, espandendone i sensi e aggiungendo qualcosa che non avrei potuto conoscere in altro modo. Dedico molto tempo a comporre l’immagine, proprio come ho fatto con fotocamere di grande formato. Rimango lì, perso in essa, guardandovi attraverso, muovendola in varie direzioni. Un paio d’ore dopo ho finito per la giornata, Torno a casa, inconsapevole di cosa ci sarà quando guarderò le immagini al computer.
Il mio primo decennio di produzione artistica è stato dedicato alla psiche. Ero interessato al sé, al “das ich”, all’inconscio, all’ombra del sé, al “das es” e alla coscienza, alle leggi della società, alla pressione di controllare e conformarsi, al “das über ich”. Ho studiato psicologia a scuola, cognizione e evoluzione dei sensi. Ho portato questi interessi nel mio lavoro, pensandolo come illustrativo, esplorativo, un luogo per vedersi attraverso l’esperienza, piuttosto che attraverso la sicurezza dell’intelletto.
In seguito mi sono orientato verso il ritratto. La ricerca nel volto di pensieri e Identità. Era un lavoro interattivo, come qualsiasi opera d’arte, in cui la mente dello spettatore contribuiva al suo stesso significato, riempiendone i vuoti e creandone di fatto l’opera. Ho esposto i miei ritratti alla New Art Society nella Kurfürstendamm di Berlino. Sul Tagesspiegel hanno pubblicato una mia foto di fronte ai miei lavori, con un’espressione cupa come le mie opere. era ora di smettere con questa mia ossessione sulla mia psiche. Per cui ho iniziato a guardare l’esterno.
Sono andato tra le montagne, cercando nella natura di guarire le ferite della mia psiche. Ho viaggiato lungo la valle del fiume Delaware e poi nelle Highlands dell’Hudson. Stare in mezzo alla natura era straordinario, ho lasciato indietro la città e con essa il narcisismo.
Lavoro su immagini di paesaggi da trent’anni ora. È un lavoro silenzioso, ma nel quale credo. Ci è permesso essere ossessionati da noi stessi quando si è giovani, sembra quasi scontato, Ma stanca. C’è il mondo là fuori, e se c’è un’infinità, è nei momenti tra nascita e morte. l’utilizzo che ne viene fatto, dipende da ognuno di noi. Io lo trovo nei colori della baia di Bellport, nei cambiamenti di luce che avvengono in una
manciata di minuti, nelle minute differenze che non riesco a percepire se non zittissi il chiacchiericcio costante nella mia mente per potermi perdere nella terra che mi circonda. peter campus, Brookhaven, 2023
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Orari: Martedì – Venerdì 11:30 – 19:30 e su appuntamento +39 02 91558394
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