di Patrizia Cantatore

La storia è quella della prima imprenditrice di Francia la fondatrice del  celebre Champagne Veuve Clicquot, Barbe-Nicole Ponsardin Clicquot che, divenuta vedova suo malgrado, a soli ventisette anni prende in mano le redini dell’azienda del marito François Clicquot, fondatore dell’azienda di champagne, visionario e innovatore nella coltivazione.  

Le vicende si svolgono nel periodo storico tra la fine del 700 e il 1815 segnato dalle guerre e dalla tirannia di Bonaparte. Ritratto della cosiddetta epoca dei Lumi, la storia corre su due binari: quello dell’amore romantico e dell’apprendistato di Barbe a condividere la passione per il vigneto con suo marito e quello del fallimento, del lutto e della sua trasformazione in imprenditrice in un’epoca nella quale secondo il Codice Napoleonico, le donne solo se vedove potevano continuare a gestire gli affari del defunto marito.

Il film è dunque la storia di una volontà granitica, testarda di una donna che porterà avanti l’azienda fondata dal marito portandola ad un livello superiore, è soprattutto un racconto di emancipazione, di fermezza femminile contro chi la osteggerà apertamente; è il racconto dell’esperienza, della fatica, delle sensazioni ed emozioni. Il desiderio diventerà realtà e la vedova fonderà una cantina di champagne unico e inconfondibile, accettando l’onere, partecipando in prima persona, sporcandosi le mani, sperimentando e imparando, a dispetto degli uomini che la ritengono incapace, come il suocero o gli altri coltivatori della zona, calati come falchi per accaparrarsi quelle terre.

Barbe conquisterà il rispetto degli uomini che la affiancheranno, si lancerà a sperimentare nuove tecniche e il tempo le darà ragione, sotto la sua gestione e con le sue abilità di affarista, la compagnia divenne una delle principali in Francia ed una delle prime ad addizionare di lieviti e zuccheri il vino, ad utilizzare la tecnica del remuage, con la quale le bottiglie sono disposte su appositi cavalletti (pupitres), con il collo della bottiglia più in basso rispetto al fondo e ruotate periodicamente per fa depositare le fecce dei lieviti esausti prodotti dalla fermentazione in bottiglia sull’estremità interna del tappo, prima di questa invenzione la seconda fermentazione del vino per la creazione dello champagne dava un vino molto dolce con grandi bolle e molto torbido alla vista.

Il regista Thomas Napper, lascia che siano i luoghi e i personaggi a prendere lo spazio sulla scena, con grazia ed eleganza li segue muoversi tra le note calde del feuillage delle vigne in autunno che evocano il vermiglio della passione e poi nell’inverno gelido e imbiancato che sfocia nelle ombre dell’ossessione e del fallimento. La natura regola e sottolinea la vita dei protagonisti, ora è fonte di ispirazione e connessione, ora è matrigna e spietata.  

Haley Bennet è convincente nell’interpretare questo personaggio sensibile, dall’apparenza fragile ma dalla volontà imperturbabile, che saprà occupare il ruolo che il mondo vuole negarle, stringendo con le mani e con i denti il sogno nato dall’amore e per suo merito proiettato oltre la sua vita.