Greta era seduta sulla panca del corridoio sud-ovest di Atlante 4, la luce era tenue e diffusa.

Sotto i suoi piedi e sopra la sua testa, le lastre di vetro trasparente permettevano una visione spettacolare su ciò che restava della flora e fauna marina. In nessun altro luogo, nella base di Atlante 4, era possibile avere quell’effetto risucchiante ed astratto dal contesto umano.

L’assenza di schermi sul pavimento permetteva quella strana magia estraniante, di perdita di confini. Una suggestione di sospensione in una sfera lucente, illuminante il blu della profondità. L’acqua pareva limpida e luminosa e a lei sembrava di tornare indietro, a quando bambina, passava insieme ai genitori le sue estati al mare, in cerca dell’aria benefica, pura, iodata e salmastra. Inspirò profondamente accantonando quei ricordi rotondi di gioia e, inquieta, percorse avanti e indietro il corridoio lungo e stretto giungendo fino al suo fondo dove una lastra di vetro trasparente mostrava ancora di più la visuale sul fondale marino.

Diverse porte erano affacciate su entrambi i lati di quel passaggio ed erano contrassegnate da lettere e numeri, avevano un aspetto bianco opalescente e, in quel panorama dominato dal blu, davano un effetto di latte galleggiante sull’acqua.

Sul lato opposto, una delle due porte elettroniche si aprì, una ragazza avanzò velocemente verso di lei, alta e longilinea, indossava una tuta verde con lo stemma della Federazione simile alla sua. Spingeva un carrello carico di schede elettroniche, le sorrise e Greta la salutò:

– Ciao Silvia, come va nel tuo reparto? –

-Tutto bene, siamo riusciti a recuperare i dati di queste schede madri e ora le porto al deposito di materiale elettronico-

-C’è qualche novità? Avete trovato informazioni interessanti?-

-Qualcosa, ma non so dirti come potrà esserci utile. E tu invece? Come è andato il tuo viaggio per monitorare la penisola Italia1 e l’isola Italia2?-

-Non bene. I vulcani hanno esaurito la fase espulsiva ma continuano a riversare fumi tossici.-

-Era l’ultima speranza.- sospirò l’altra.

-Sono più di trent’anni che la speranza ha lasciato il nostro pianeta.- disse Greta mestamente.

Silvia annuì e la salutò proseguendo, poi si fermò e si voltò:

-Sapevo che dovevi vederti con Tito nel pomeriggio che ci fai qui?-

-Chiamata del Superiore.- concluse alzando le spalle.

-Buona fortuna allora.-

Greta le fece un cenno di saluto, la figura di Silvia si allontanò fino a sparire.

Il corridoio tornò nuovamente vuoto e silenzioso e lei sentì tutto il peso di quella convocazione.

La missione Terra era finita, era stata l’ultima paladina di un monitoraggio prima dell’evacuazione totale. Atlante4 chiudeva i battenti, l’evoluzione del pianeta era in atto, ma loro non ne avrebbero goduto. Da 8 miliardi la popolazione si era ridotta ad appena 2 miliardi, quei pochi vivevano ormai stabili in cinque satelliti sospesi nello spazio. L’aumentata radioattività del sole, il riscaldamento dovuto all’inquinamento erano state le cause scatenanti che avevano fatto degenerare una situazione già critica da circa due secoli. L’attività tellurica e il risvegliarsi di vulcani spenti o sommersi avevano cambiato la fisiologia di due continenti come l’Africa e l’Europa, innescando il cataclisma. Da quel momento l’aria divenne irrespirabile , l’acqua imbevibile e il pianeta un ammasso di terra, monti ed acque, abitabile solo per alcune specie animali e per microorganismi, ma non certo per l’uomo. Greta sospirò, l’ultimo passaggio fatto sull’Europa le aveva mostrato una fisiologia ancora una volta diversa rispetto a tre anni prima.

Pensò all’appuntamento con Tito tante volte rimandato in quell’ultimo mese e che rischiava di saltare nuovamente amplificando la sua malinconica rassegnazione. Si erano conosciuti trent’anni prima all’università di Pisa dove entrambi si erano laureati in ingegneria spaziale, quella città che l’aveva vista giovane e piena di speranze e che purtroppo non esisteva più, era l’emblema di un paese dilaniato.  Si erano poi ritrovati su Atlante4  a cinque anni dalla catastrofe, lui impegnato nello studio per la revisione del funzionamento dei satelliti, lei intenta a monitorare la superficie del pianeta e annotare ogni miglioramento in atto.  Si poteva parlare d’amore? Nessuno più si azzardava a nominarlo quel sentimento, trovare un partner rappresentava un contributo affinché non si disperdesse il genere umano.

Eppure, desiderava ardentemente pensare a ciò di cui non si poteva più parlare. Quello era l’unico pensiero che la distoglieva dall’affanno di quella separazione imminente, dal mare, dalle colline che incantavano lo sguardo e dai suoi ricordi, dal suo paese, dall’Italia. Il tempo era scaduto, aveva dedicato alla Federazione molti anni della sua vita, non c’era più un futuro nel pianeta, se ne era fatta con fatica una ragione.

Incrociò le mani e come se queste rispondessero ad un riflesso condizionato, si giunsero l’una sull’altra come in preghiera. Le osservò e i suoi occhi colsero il blu del pavimento, una voce nella mente le suggerì che il cielo era sotto e sopra di lei.

Chiuse gli occhi in cerca di ispirazione, il ricordò di quel che sua madre molti anni prima le aveva insegnato le suggerì:

-Chiedi, chiedi dentro e fuori di te ciò che è veramente essenziale per la tua vita-

Una porta si aprì e la voce della segretaria la invitò ad entrare.

Mezz’ora dopo si ritrovò di nuovo sola.

Una grande gioia le accendeva lo sguardo e la luce tenue che a malapena illuminava l’ambulacro sembrò ai suoi occhi il bagliore del primo raggio di sole che tanti anni prima le annunciava gaio e luminoso il sorgere di un giorno nuovo.

Un nuovo pianeta, una nuova vita, tutta da edificare. Cinquecento coppie pronte ad insediarsi in un piccolo sistema solare non troppo distante. Una prova di colonizzazione, seguita poi da nuovi sbarchi.

Erano stati scelti, lei e Tito, avrebbero seguito da vicino lo stanziamento e inviato regolari rapporti alla Federazione. Avevano tempo qualche giorno per prepararsi, Tito aveva accettato e formalizzato la richiesta di legittima unione da sottoporle congiuntamente alla missione.

Il volto di sua madre e di sua nonna prima, le balzarono nello schermo della mente:

-Non era questo che volevi? Chiedi e ti sarà dato.- sentì ripetere nella memoria.

Sorrise e si avviò verso l’uscita, la porta metallica si aprì e si trovò davanti Tito.

-Sei al corrente?- le chiese ansioso

-Sì.- gli sorrise.

Lui le carezzò i capelli in un gesto gentile.

Greta sorrise e sentì scenderle sulle guance una esule, solitaria lacrima.

P.Cantatore